Il cambiamento climatico aumenta le disuguaglianze
Le catastrofi naturali alimentate dall’impatto del cambiamento climatico sono la prima causa al mondo di migrazioni forzate all’interno di paesi spesso già poverissimi o dilaniati da conflitti.
Negli ultimi 10 anni sono aumentate di 5 volte e hanno costretto oltre 20 milioni di persone ogni anno, 1 persona ogni 2 secondi, a lasciare le proprie case per trovare salvezza altrove.
È come se una volta all’anno tre quarti della popolazione di Roma fosse costretta a lasciare le proprie case, per trovare scampo da uragani, cicloni, inondazioni o siccità durissime.
In occasione dell’apertura del vertice ONU sul clima in programma fino al 13 dicembre a Madrid, abbiamo pubblicato il rapporto “Forced from Home, in cui denunciamo come cicloni, inondazioni e incendi hanno 7 volte più probabilità di causare migrazioni forzate rispetto a terremoti o eruzioni vulcaniche e 3 volte di più rispetto a guerre e conflitti.
Un trend drammatico che paradossalmente colpisce soprattutto i Paesi più poveri, che non hanno praticamente responsabilità sul livello di emissioni globali di CO2 in atmosfera.
L’impatto della “disuguaglianza climatica” nei Paesi poveri
Tra i 10 Paesi più colpiti al mondo 7 sono “piccole” isole. Basti pensare che, tra il 2008 e il 2018, il 5% della popolazione di Cuba, Dominica e isole Tuvalu – oltre 3 milioni di persone – ogni anno è stato sfollato a causa di eventi climatici estremi, anche se in media questi paesi producono solo un terzo delle emissioni inquinanti rispetto ad un qualsiasi Stato ad alto reddito.
Siamo di fronte a una vera e propria “disuguaglianza climatica” a ogni latitudine: in paesi a basso e medio-basso reddito – come India, Nigeria e Bolivia – la popolazione ha una probabilità quattro volte maggiore di essere sfollata a causa di catastrofi climatiche rispetto alle persone che vivono in paesi ricchi come gli Stati Uniti. Circa l’80% di tutte le persone sfollate nell’ultimo decennio vive in Asia, dove oltre un terzo delle persone vive in condizioni di povertà estrema.
L’impatto della crisi climatica in Africa
In Africa, l’emergenza climatica sta minacciando la sopravvivenza di decine milioni di persone che rischiano di morire di fame a causa di eventi climatici sempre più estremi e imprevedibili spesso aggravati dai conflitti che attraversano il continente.
Come in Somalia uno dei paesi più poveri al mondo, dove solo nell’ultimo anno si contano oltre 1 milione di sfollati interni a causa della guerra civile in corso e dell’alternarsi di gravissime siccità e alluvioni.
In Mozambico dove al momento 45 milioni di persone sono alla fame, dopo il passaggio lo scorso marzo dei cicloni Idai e Kenneth, che hanno ucciso 648 persone, causato milioni di sfollati interni e distrutto case, infrastrutture e colture, causando danni per 3 miliardi di dollari.
In Zimbabwe dove sempre Idai ha lasciato senza un tetto oltre 50 mila persone in aree povere del Paese dove case e infrastrutture non avevano la minima possibilità di reggerne l’impatto.
In Etiopia e Sudan, dove le comunità pastorali sono state costrette a lasciare le loro case e terre a causa della gravissima siccità che negli ultimi anni ha decimato le colture e il bestiame e che adesso dipendono totalmente dagli aiuti umanitari per sopravvivere.
È essenziale che in occasione del summit di Madrid, i Governi si impegnino sul serio per fare la differenza, intervenendo in supporto dei paesi poveri, attraverso l’istituzione di un nuovo fondo per l’adattamento al cambiamento climatico.
Il vertice ONU sul clima a Madrid
Milioni di persone in tutto il mondo nell’ultimo anno hanno manifestato per un’azione urgente di risoluzione della crisi climatica prima che sia troppo tardi, a partire da un radicale taglio delle emissioni inquinanti in atmosfera per giungere all’azzeramento delle emissioni di gas serra entro il 2030. Un obiettivo che anche l’Italia può centrare, come stanno chiedendo a gran voce i ragazzi dei Fridays For Future.
Per questo chiediamo al Governo italiano, che sta aumentando l’attenzione sul tema in ambito nazionale, di avere un maggior profilo anche in ambito internazionale.
Cosa fa Oxfam?
Stiamo lavorando, in 10 dei paesi africani più colpiti dalla crisi climatica, per garantire l’accesso al cibo e all’acqua pulita alla popolazione e aiutare le comunità più vulnerabili ad adattarsi all’impatto di eventi climatici sempre più estremi e frequenti.
Lavoriamo in tante scuole italiane formando docenti e studenti perché si facciano interpreti a loro volta di azioni di cambiamento sui temi della sostenibilità ambientale e dello sviluppo sostenibile. Un processo che sino ad oggi ha coinvolto migliaia di studenti che parteciperanno a dicembre al prossimo Meeting dei Diritti Umani 2019 a Firenze dedicato al tema e alla Marcia per il Clima che nel maggio 2020 porterà migliaia di studenti per le strade di 12 città italiane e 11 paesi europei.