Le donne vivono una situazione di povertà lavorativa
Il nuovo rapporto “Raising their voices against precariousness: women’s experiences of in-work poverty in Europe” denuncia le condizioni di disparità per le donne nel mondo del lavoro: ancora oggi in Europa sono costrette a lavorare 59 giorni in più rispetto agli uomini per lo stesso stipendio.
Le donne sono pagate meno degli uomini, sono più esposte a lavori precari, rimangono occupate in ruoli che non tengono conto delle loro reali qualifiche di studio o capacità professionali, con il lavoro domestico in gran parte sulle loro spalle.
Il rapporto, costruito anche grazie alle testimonianze di molte lavoratrici raccolte tra Italia, Spagna, Francia e Gran Bretagna, indica tra le principali ragioni di questa situazione:
- bassi salari
- lavori precari
- difficoltà della conciliazione vita-lavoro.
Qual è la condizione lavorativa delle donne in Italia?
In Italia riscontriamo uno dei tassi di occupazione femminile peggiori d’Europa. 1 donna su 4 occupa una posizione lavorativa al di sotto delle proprie potenzialità.
I dati evidenziano come l’Italia sia ancora indietro in tema di accesso al mercato del lavoro, retribuzione e avanzamento di carriera.
Nel 2017:
- 1 donna su 2 non aveva un lavoro;
- solo il 48,9% delle donne tra i 15 e i 64 anni aveva un’occupazione;
- più del 10% delle donne occupate era a rischio di povertà, ovvero donne che pur lavorando vivono in un nucleo familiare con un reddito disponibile al di sotto della soglia del rischio povertà;
- l’Italia ha continuato ad essere tra i peggiori attori per quanto concerne il tasso di partecipazione economica delle donne, indicatore monitorato nel Global Gender Gap Index realizzato dal World Economic Forum: posizionandosi al 118esimo posto su 142 Paesi.
Sempre nel 2017, inoltre, l’incidenza delle donne occupate in part time involontario è stata del 69.5%, condizione condivisa a livello europeo, dove 4 lavoratori su 5 impiegati part-time sono donne.
In Italia 3 donne su 4 sono “vittime” di part-time involontario.
Una condizione nella maggior parte dovuta all’impossibilità di conciliare i tempi della maternità e della vita familiare con il lavoro. I dati appaiono impietosi a questo proposito: i lavori domestici sono ancora prerogativa delle donne (81%) rispetto agli uomini (20%), il 97% delle donne contro il 72% degli uomini si prende cura dei propri figli.
“Quasi sempre, ai colloqui di lavoro, la seconda-terza domanda era “vorrai avere figli?” per cui sei discriminata in partenza, per il solo fatto che sei in età fertile. Io quando preparavo i curricula per portarli alle cooperative l’anno scorso, ci volevo scrivere sono in menopausa, magari è un punto vincente.” racconta Erika, una delle lavoratrici italiane intervistate nel rapporto.
Le richieste di Oxfam al Governo italiano:
- Introdurre sgravi contributivi in favore dei datori del settore privato che sottoscrivono contratti collettivi aziendali recanti l’introduzione di misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata;
- Rivedere il sistema fiscale sul secondo percettore di reddito per migliorare gli incentivi finanziari all’inserimento lavorativo di entrambi i coniugi;
- Scoraggiare il ricorso a forme di lavoro precario e al part time involontario che colpisce soprattutto le donne;
- Aumentare i servizi pubblici alle famiglie e per la cura dei figli nei primi anni di vita (ad esempio con il rafforzamento di asili nido pubblici a costi accessibili);
- Mantenere e rafforzare l’esercizio di gender budgeting introdotto con la legge di bilancio 2017 a cui è importante possa affiancarsi una valutazione indipendente.