7 Giugno 2024

COSA SIGNIFICA ESSERE MALATI A GAZA?

 

Ibrahim è gravemente malato. Senza cure continue, la sua vita è in pericolo. Negli ultimi mesi è stato costretto a sfollare molte volte per fuggire ai bombardamenti. Ogni volta è stato sempre più difficile avere accesso ai trattamenti salvavita che gli garantiscono la sopravvivenza.

Gli occhi di Ibrahim sono pieni di dolore e tristezza. Foto: Alef Multimedia/Oxfam
Gli occhi di Ibrahim sono pieni di dolore e tristezza. Foto: Alef Multimedia/Oxfam

UN SISTEMA SANITARIO AL COLLASSO

La situazione sanitaria a Gaza è al collasso, con ospedali e strutture mediche che faticano a fornire cure essenziali in un contesto di crisi. Attualmente, solo sei ospedali sono parzialmente funzionanti, mentre venti sono fuori servizio. Le strutture temporanee offrono un limitato sollievo, con sedici ospedali operativi, di cui solo tre completamente funzionanti. La situazione è aggravata dalla scarsa funzionalità delle cliniche sanitarie primarie, con il 39% di esse parzialmente operative, e solo il 25% dei centri sanitari dell’UNRWA attivi. Questo quadro desolante è ulteriormente complicato dall’emergenza sanitaria.*

La mancanza di squadre mediche d’emergenza nel nord di Gaza e le risorse limitate stanno portando il sistema sanitario al punto di rottura, lasciando i malati senza le cure necessarie.

Ibrahim nella sua tenda nel cortile dell'ospedale Al Aqsa. Foto: Alef Multimedia/Oxfam
Ibrahim nella sua tenda nel cortile dell’ospedale Al Aqsa. Foto: Alef Multimedia/Oxfam

SENZA OSPEDALI E CURE MEDICHE

Ibrahim soffre di gravi problemi di salute. Poco prima dell’inizio della guerra, ha iniziato a sottoporsi a emodialisi. Quando il suo quartiere è stato bombardato è stato costretto a fuggire, cercando in ogni modo di proseguire le cure:

La prima volta abbiamo trovato rifugio dei miei parenti a Jabalia. La seconda volta in una scuola. Abbiamo sempre cercato delle soluzioni vicine agli ospedali. Questo per poter continuare le cure e per potermi sottoporre ai trattamenti tre volte a settimana.

A Jabalia, l’ospedale è stato bombardato. Durante gli attacchi, anche Ibrahim è rimasto ferito. “Ci sono voluti due giorni per trovare un ago da sutura. Non c’erano né aghi, né filo” racconta Ibrahim.

Ibrahim si è quindi recato a Rafah, ma come nelle altre strutture apparecchi, medicinali e personale sono assolutamente insufficienti per un numero di pazienti altissimo.

L’ospedale Abu Yousef al-Najjar dispone di soli sette apparecchi per la dialisi. Prenotavo il trattamento il primo giorno, passavo il secondo giorno in attesa, e solo il terzo giorno riuscivo a fare l’emodialisi. Tornavo a casa il quarto giorno. Spesso il mio turno arrivava alle tre del mattino. Aspettavo quattro giorni per una seduta di un’ora.

Costretti a lasciare Rafah, oggi Ibrahim e la sua famiglia sono accampati in una tenda nel cortile dell’ospedale di Al Aqsa.

In questo tragico scenario la salute di Ibrahim continua a peggiorare. A causa del diabete, ha quasi perso la vista. “Adesso vedo a malapena. Non posso distinguere le persone o i colori. Se sei maschio o femmina, lo capisco solo dalla voce” racconta Ibrahim.

La sua speranza sarebbe recarsi in Egitto, per ricevere le cure di cui ha bisogno. Come lui, vi sono oltre 10mila malati cronici gravi che hanno bisogno di ricevere cure fuori da Gaza. La situazione, con la chiusura del varco di Rafah, è ulteriormente peggiorata.

Ibrahim mentre si sottopone alla dialisi nell’ospedale di Al Aqsa. Foto: Alef Multimedia/Oxfam
Ibrahim mentre si sottopone alla dialisi nell’ospedale di Al Aqsa. Foto: Alef Multimedia/Oxfam

SENZA ACQUA POTABILE E CIBO

Alla mancanza di cure adeguate, si sono aggiunte la mancanza di acqua potabile e la scarsità di cibo.

Oltre il 70% delle infrastrutture idriche e igienico-sanitarie sono state distrutte o danneggiate a causa dei bombardamenti israeliani e hanno lasciato la popolazione senza accesso a fonti di acqua pulita.

A Gaza, inoltre, la carestia è imminente per 1,1 milioni di persone, ovvero metà della popolazione. La situazione è drasticamente peggiorata dalla chiusura del valico di Rafah il 6 maggio, a seguito dell’occupazione da parte delle truppe israeliane. Mentre prima del 7 ottobre arrivavano fino a 500 camion al giorno, ora solo otto camion quotidiani trasportano merci, spesso inadatte a una popolazione malnutrita, come bevande energetiche non nutrienti, cioccolato e biscotti.

Ibrahim racconta: “La maggior parte del cibo in scatola è andato a male. Le persone in salute non possono mangiarlo. Come potrebbe un malato?”.

In mancanza di cibo e senza denaro per acquistarlo, Ibrahim e la sua famiglia hanno mangiato cibo destinato agli animali “Abbiamo preso le granaglie per gli animali, e le abbiamo macinate utilizzando due pietre.’’

Ibrahim con la moglie, il figlio più piccolo e la madre mentre mangiano nella loro tenda. Foto: Alef Multimedia/Oxfam
Ibrahim con la moglie, il figlio più piccolo e la madre mentre mangiano nella loro tenda. Foto: Alef Multimedia/Oxfam

IL GRIDO DI AIUTO: “VOGLIAMO ESSERE CURATI”

Gli occhi di Ibrahim sono pieni di dolore. Man mano che la sua salute peggiora sente che sta perdendo la speranza. Il suo appello è straziante

Vogliamo essere curati,
come ogni essere umano merita.

L’unico modo per aiutare Ibrahim, i suoi figli, le centinaia di migliaia di civili innocenti che stanno soffrendo pene inimmaginabili nella Striscia è un cessate il fuoco immediato.

UNISCITI A NOI

Il nostro lavoro a fianco della popolazione palestinese prosegue senza sosta, ma solo un cessate il fuoco duraturo potrà garantire l’ingresso di aiuti vitali alla loro sopravvivenza. È una nostra responsabilità collettiva fermare questa tragedia: bambini, donne, uomini inermi non possono più aspettare. Unisciti a migliaia di persone per chiedere il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e in Israele.

Firma e condividi la petizione per chiedere la protezione dei civili ORA

*Fonte: WHO, unless otherwise noted

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