26 Novembre 2013

Gaza, a un anno dal cessate il fuoco, rischio fame per il 65% delle famiglie

 
Gli effetti dei bombardamenti su Gaza nel 2009
Gaza, 2009

Un anno dopo il cessate fuoco tra il governo di Israele e Hamas, i miglioramenti economici promessi alla popolazione di Gaza non si sono materializzati, afferma oggi Oxfam.


Nonostante l’impegno preso al momento del cessate il fuoco di facilitare il movimento di beni e persone in entrata ed uscita da Gaza, 1.7 milioni di persone sono ancora intrappolate dal blocco israeliano e largamente isolate dal mondo esterno. Le esportazioni consentite al di fuori di Gaza sono crollate del 50% dal 2012 e si continua ad impedire ai pescatori e agli agricoltori palestinesi di accedere alle aree più produttive.

Complessivamente, gli ultimi 12 mesi sono stati in termini di sicurezza il periodo più calmo che si sia registrato negli ultimi 10 anni, sebbene le violazioni continuino.
L’anno passato, Israele ha effettuato 300 operazioni militari al confine e in mare – metà dei quali contro pescatori – e fazioni palestinesi hanno lanciato oltre 100 razzi artigianali contro Israele.
Gaza sta attualmente fronteggiando una nuova crisi: la popolazione cerca di far fronte alla sempre maggiore scarsità di energia elettrica, visto che al momento solo il 40% circa del carburante necessario entra giornalmente a Gaza, ad un prezzo doppio del precedente. I blackout di energia di 12-16 ore al giorno stanno riducendo la disponibilità di servizi di base come le cure sanitarie e l’acqua, e condizionando negativamente un’economia già vulnerabile. Questa settimana una delle principali pompe per il trattamento delle acque reflue è rimasta senza carburante e diverse migliaia di litri di liquami sono fuoriusciti nelle strade.

Il blocco israeliano non ha lasciato alla disagiata popolazione di Gaza altra possibilità di scelta che utilizzare i tunnel dall’Egitto per far passare cibo, carburante e materiali da costruzione a prezzi accessibili. La chiusura dei tunnel da parte del governo egiziano nel luglio 2013 ha esacerbato la già precaria situazione.

La gente comune a Gaza si sta sforzando di trovare lavoro e mantenere le proprie famiglie mentre il blocco rimane in vigore. L’ottimismo di un anno fa è svanito, e una sicurezza di lungo termine per i civili sia di Gaza che di Israele si realizzerà solo andando di pari passo con sviluppo e opportunità economiche”, ha detto Umiliana Grifoni, responsabile ufficio Nord Africa e Medio Oriente di Oxfam Italia.

Nei primi dieci mesi del 2013 solo 111 camion addetti alle esportazioni commerciali hanno lasciato Gaza, comparati ai 254 del 2012, e agli oltre 5.000 dell’anno prima dell’imposizione del blocco. Si stima che quest’anno sarà il peggiore per le esportazioni dal 2009. Le importazioni sono attualmente la metà di quelle precedenti il blocco.
Oltre l’80% degli abitanti di Gaza necessitano attualmente di aiuti umanitari e si stima che il 65% delle famiglie sarà esposta ad insicurezza alimentare entro la fine dell’anno – un aumento del 44% rispetto al 2011. Attualmente due terzi della popolazione di Gaza riceve  forniture di acqua pulita solo una volta ogni tre – quattro giorni.

Le restrizioni all’accesso continuano ad avere un effetto devastante sui mezzi di sostentamento e l’economia. I pescatori non possono andare oltre le sei miglia nautiche dalla costa, mentre gli agricoltori non hanno accesso a gran parte della terra fertile vicino al confine della Striscia di Gaza.
Diverse migliaia di operai edili hanno perso il loro impiego da luglio, da quando la disponibilità di materiali da costruzione è scesa ad un terzo dei livelli precedenti al blocco. Il settore edile è stato uno dei pochi a crescere nonostante il blocco. Si stima che il tasso di disoccupazione a Gaza raggiungerà soglie superiori al 40% entro la fine dell’anno.
Solo 3-400.000 litri di carburante al giorno entrano attualmente a Gaza attraverso i passaggi ufficiali – ben al di sotto della quantità di 1 milione al giorno che entrava dai tunnel e che è necessaria per rifornire gli impianti elettrici, gli ospedali, le unità di trattamento delle acque reflue e le famiglie di Gaza. Le divisioni interne fra i Palestinesi e i limiti di budget si aggiungono ai seri problemi creati dal blocco limitando l’arrivo di carburante a Gaza.


Oxfam ha sollecitato le autorità israeliane a consentire il movimento di beni e persone fra Gaza , la West Bank e Gerusalemme Est
e porre fine agli attacchi contro pescatori e agricoltori. L’organizzazione ha inoltre fatto appello al governo egiziano perché garantisca l’apertura dei passaggi ufficiali di Rafah per persone e beni palestinesi. Oxfam sostiene una soluzione onnicomprensiva e negoziata del conflitto fondata sul diritto internazionale.

Oxfam Italia – ufficio stampa – [email protected] +39.348.9803541
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