di Roberto Barbieri, Direttore generale di Oxfam Italia


 

Gaza, una donna tra le macerie della propria casa
Gaza, una donna tra le macerie della propria casa

51 giorni, dal 7 luglio al 26 agosto. Sono i giorni dell’ultima guerra a Gaza. Una guerra con un prezzo durissimo. Ce lo ricordano i colleghi delle Nazione Unite, a poche ore dal nostro arrivo. Quasi 2.300 morti, di cui 1.500 civili e oltre 500 bambini. 1.500 sono invece orfani. 500 mila le persone che hanno abbandonato la loro abitazione durante la guerra, quasi un terzo di tutta la popolazione. 18.000 case distrutte.  Questa volta non si sono salvate né cliniche, né scuole: rispettivamente 33 e 263 distrutte o seriamente danneggiate. Elettricità assente in molte zone per più di 20 ore al giorno.  Le immagini delle scuole distrutte hanno inorridito il mondo.

 


Per 50 lunghi giorni. Poi il cessate il fuoco e improvvisamente i riflettori si sono spenti. Oggi abbiamo parlato della nostra risposta all’emergenza a Gaza. Purtroppo non siamo potuti andare a Gaza, ma abbiamo parlato con i nostri colleghi via Skype. E mi sono sentito orgoglioso di far parte di questa organizzazione. Sì, perché nessuno dei nostri colleghi, fin dal primo giorno della guerra, ha mai smesso di lavorare.  Oltre 30 persone, a cui si aggiungono i tanti collaboratori dei nostri partner. Persone che tutti i giorni con le loro famiglie scappavano dalle bombe, inshallah, e si occupavano della distribuzione di acqua, cibo, delle prime cure mediche. Due di loro hanno visto bombardare la loro casa.  Durante quei mesi ci scambiavamo sempre messaggi di posta elettronica.  Alcuni personali, per fare sentire la nostra vicinanza.  Molti altri per aiutare ad organizzare il lavoro.  Raccogliere i fondi, ma soprattutto documentare i fatti, scrivere articoli, unire tutte le voci per dire basta al conflitto.

Emergenza umanitaria a Gaza
Gaza, distribuzione di acqua

 


Già, ma a che punto siamo? Le sfide sono enormi. Da Gaza ci dicono che la ricostruzione si è avviata in maniera molto lenta. Il materiale per la ricostruzione entra a singhiozzo. Nonostante le dichiarazioni del governo israeliano sull’accelerazione del processo di ricostruzione, il blocco della Striscia è ancora presente e molto materiale non può entrare.  Secondo i nostri calcoli, al ritmo con cui il materiale edilizio entrava a Gaza prima dell’ultima guerra, ci vorrebbero 3 generazioni per completare la ricostruzione. Ancora 100 mila persone non hanno casa, molti ospiti da parenti, altri non hanno alternativa se non dormire all’aperto.  Tra il 20% e il 30% delle condutture per l’acqua e dei sistemi fognari sono inagibili.  La corrente non c’è ancora per gran parte del giorno. Ancora le giornate sono miti, ma presto arriverà l’inverno.

 


La gente ha scarsa fiducia. Perché la situazione politica è avversa su più fronti.  Internamente ai Territori Occupati Palestinesi, non ci sono stati miglioramenti sul fronte del governo di unità nazionale tra Fatah e Hamas. Nonostante il cessate il fuoco, l’autorità israeliana impedisce il movimento di molte persone e merci tra Gaza e la Cisgiordania. E al conflitto con Israele si aggiunge ora anche la chiusura egiziana della frontiera di Rafah, collegamento da sempre importante per l’entrata delle merci. Limitato il movimento: l’emergenza umanitaria può aspettare.  Ma soprattutto la gente ha sfiducia perché è consapevole che la guerra non ha cambiato la situazione.

Ventitreesimo giorno di bombardamenti su Gaza
Civili in fuga a Gaza

 


Oxfam deve aiutarci per far capire al mondo che il blocco di Gaza deve finire. La popolazione in sette anni di isolamento è stata messa in ginocchio” è quello che ci hanno detto i nostri partner in collegamento da Gaza. Lo faremo e continueremo ad esserci.  Nelle grandi difficoltà, fa piacere sentire che la popolazione palestinese a Gaza è grata del nostro lavoro. Sì, perché da luglio ad oggi abbiamo raggiunto più di 600 mila persone, un terzo dell’intera popolazione. Dopo l’UNRWA e la Croce Rossa internazionale, siamo la terza organizzazione più presente nella risposta all’emergenza.  Con l’acqua distribuita nelle scuole e alle famiglie. Con i desalinizzatori installati e con le riparazioni delle reti idriche.  Con i voucher alimentari e la distribuzione di cibo che raggiunge oltre 300 mila persone. A Gaza sperimentiamo anche i voucher elettronici, con una tessera individuale che può essere utilizzata in alcuni negozi. Così abbiamo in tempo reale i dati di come si distribuiscono i nostri aiuti.  E possiamo raggiungere un numero infinitamente più ampio di persone, rispetto ai tradizionali moduli cartacei.  Siamo a fianco dei produttori agricoli: oltre il 90% ha subito delle perdite. Le barche dei pescatori stanno rientrando in mare e stiamo lavorando per riattivare produzioni agricole e sostenere gli allevatori che hanno perso buona parte delle greggi. La speranza riparte per me da qui. Inshallah.

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