#LaGrandeRicchezza

Più di 33.600 firmatari italiani hanno sostenuto la petizione confluendo nelle oltre 357.000 adesioni di cittadini europei che chiedono l’introduzione di un’imposta europea sui grandi patrimoni. GRAZIE!!!
La petizione si è chiusa, ma la nostra comune “battaglia” continua!

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In Italia, in 50.000 hanno ricchezza tre volte superiore a quella di 25 milioni di Italiani poveri

Un divario dannoso e pericoloso. Un divario figlio di una partita truccata in cui alla lunga perdono tutti.

La pandemia, la crisi energetica accelerata dalla guerra in Ucraina e l’impennata dei prezzi si sono innestati su fratture di lungo corso e rischiano di aggravare ulteriormente le disuguaglianze tra i cittadini.

Divari di lungo corso che oggi superano il livello di guardia. Ad esempio, la ricchezza posseduta dallo 0,1% degli italiani più ricchi, poco meno di 50.000 persone, è circa tre volte superiore a quella nelle mani della metà più povera della popolazione (25 milioni di italiani).

Le disuguaglianze tuttavia non sono casuali, ma il risultato delle scelte di politica pubblica che hanno prodotto negli ultimi decenni profondi mutamenti nella distribuzione di risorse tra i cittadini.

In un anno di campagna sono stati compiuti significativi passi in avanti. La proposta di un’imposta sui grandi patrimoni fa parte di un più ampio Manifesto a sostegno di un’agenda nazionale Tax The Rich che è stato firmato da più di 150 economisti italiani provenienti da oltre 50 atenei, Il consenso pubblico intorno alla proposta si è rafforzato, ben 7 cittadini italiani su 10 la sostengono, come rilevato dall’indagine demoscopica realizzata nel 2024 in collaborazione con Demopolis. A seguito del sondaggio molti politici di primo piano, rimasti a lungo tempo silenti sul dossier #TaxThe Rich, hanno ribadito con vigore il proprio supporto. Alcune forze politiche hanno anche presentato emendamenti durante l’ultima sessione parlamentare relativa alla Legge di Bilancio 2025. Ma ancora più promettenti sono le aperture sul livello internazionale: il 2024 passerà alla storia come l’anno in cui l’agenda #TaxTheRich ha fatto capolino in importanti consessi internazionali, ed è destinata a rimanervi a lungo. Al summit di Rio de Janeiro, i leader del G20, con grande merito della Presidenza di turno brasiliana, si sono impegnati ad aumentare gli sforzi di cooperazione internazionale per assicurare che gli ultra ricchi versino la loro giusta quota di imposte. Spetterà ora alla Presidenza G20 di turno del Sud Africa compiere ulteriori progressi nel 2025. E la nostra azione di pressione politica, sia a livello nazionale che internazionale, non mancherà… Resta al nostro fianco!

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    22 - FAQ

    DOMANDE FREQUENTI

    FAQ

    È una proposta che intende introdurre nell’Unione Europea un’imposta sui grandi patrimoni che andrebbe a costituire una fonte addizionale di finanziamento per le risorse proprie dell’UE. Il gettito dell’imposta verrebbe destinato ad investimenti per sostenere la transizione ecologica e l’inclusione sociale nei Paesi Membri, nonché per integrare gli stanziamenti dell’UE per le politiche di cooperazione internazionale allo sviluppo e la finanza climatica.

    A scanso di equivoci, è fondamentale sapere che il testo dell’ICE non avanza uno specifico modello dell’imposta, ma precisa che solo gli individui più ricchi ne sarebbero assoggettati. Per capire come possa essere disegnato il tributo, si può prendere a titolo illustrativo, la proposta elaborata dagli economisti E. Saez, G. Zucman e C. Landais, che prevede di applicare l’imposta solo all’1% più ricco dei cittadini europei adulti, titolari del 22,5% della ricchezza netta nell’UE. Per far parte del top-1% dell’Unione bisogna possedere un ammontare di ricchezza netta di almeno 2 milioni di euro. Patrimoni netti al di sotto di tale soglia sarebbero completamente esentati dal prelievo. Patrimoni netti in eccesso di questa soglia verrebbero assoggettati a un’imposizione progressiva con possibili aliquote marginali dell’1% per lo scaglione 2-8 milioni di euro, 2% per lo scaglione 8 milioni - 1 miliardo di euro, e 3% per lo scaglione oltre 1 miliardo di euro. Si osservi che la soglia di 8 milioni di euro corrisponde al patrimonio netto minimo per far parte dello 0,1% più ricco dell’UE.

    Un approccio alternativo - sulla falsa riga di quanto proposto in un recente rapporto dell’organizzazione Tax Justice Network (TJN) - consisterebbe nell’applicare l’imposta ai patrimoni di individui che occupano le posizioni apicali nella piramide della ricchezza in ciascun paese membro dell’Unione, per esempio lo 0,5% o lo 0,1% dei contribuenti più ricchi sotto il profilo patrimoniale.

    A titolo meramente esemplificativo, per l’Italia sarebbero possibili i seguenti scenari.

    Scenario 1 (usato da TJN)

    Soggetti passivi: lo 0,5% dei contribuenti italiani più ricchi (circa 250.000 individui adulti). Per far parte di tale gruppo bisogna essere titolari di un patrimonio netto di almeno 2,3 milioni di euro. La quota di ricchezza nazionale detenuta da tale gruppo apicale è passata da 11,6% a 16,4% nel periodo 1995-2021.

    Franchigia: 2,3 milioni di euro. Verrebbe tassata solo la ricchezza netta in eccesso di tale ammontare.

    Possibili scaglioni: 2,3 – 5,4 milioni di euro, 5,4 – 8 milioni di euro, sopra 8 milioni di euro. Le soglie scelte rappresentano il valore di patrimonio minimo per far parte rispettivamente dello 0,5%, dello 0,1% e dello 0,05% più ricco dei contribuenti italiani.

    Scenario 2

    Soggetti passivi: lo 0,1% dei contribuenti italiani più ricchi (circa 50.000 individui adulti). Per far parte di tale gruppo bisogna essere titolari di un patrimonio netto di almeno 5,4 milioni di euro. La quota di ricchezza nazionale detenuta da tale gruppo apicale è passata da 5,5% a 9,2% tra il 1995 e il 2021.

    Franchigia: 5,4 milioni di euro. Verrebbe tassata solo la ricchezza netta in eccesso di tale ammontare.

    Possibili scaglioni: 5,4 - 8 milioni di euro, 8 – 20,9 milioni di euro, sopra 20,9 milioni di euro. Le soglie scelte rappresentano il valore di patrimonio minimo per far parte rispettivamente dello 0,1%, dello 0,05% e dello 0,01% più ricco dei contribuenti italiani.

    In entrambi gli scenari le aliquote marginali dell’imposta potrebbero essere fissate rispettivamente a 1%, 2% e 3%, come nella proposta di Saez, Zucman e Landais, o, alternativamente, a 1,7%, 2,1% e 3,5% come nella proposta di TJN ispirata dal modello di tributo straordinario sulla ricchezza in vigore in Spagna (Impuesto Temporal de Solidaridad de las Grandes Fortunas).

    Trattandosi di mere illustrazioni, nulla impedisce chiaramente di aumentare il grado di progressività dell’imposta, ampliando il numero degli scaglioni e il livello delle aliquote marginali.

    Da ultimo, va precisato che la nuova imposta sui grandi patrimoni sarebbe sostitutiva, per i suoi soggetti passivi, delle imposte patrimoniali esistenti come l’IMU, il bollo auto, l’imposta sui conti correnti e depositi titoli nel contesto italiano.

    Il gettito stimato per la proposta di patrimoniale avanzata da Saez, Zucman e Landais si attesta intorno a 150 miliardi di euro all’anno per l’intera Unione Europea (circa l’1,05% del PIL dell’Unione). Le entrate erariali derivanti invece dalla proposta di TJN, ispirata all’imposta straordinaria in vigore in Spagna, ammonterebbero a poco più di 213 miliardi di euro all’anno per l’intera UE tenuto anche conto della potenziale risposta comportamentale dei soggetti passivi in seguito all’introduzione del tributo.

    Con riferimento ai due scenari illustrativi presentati nella domanda precedente e con la doverosa precisazione che la base imponibile è frutto di un calcolo statistico e aggregato, mentre l’applicazione dell’imposta richiederebbe di ricostruire il patrimonio di ogni singolo soggetto passivo, il potenziale gettito annuale per l’Italia, al netto delle patrimoniali esistenti ammonterebbe a:

    13,2 miliardi di euro nello Scenario 2 con aliquote marginali dell’1%, 2% e 3%
    15,7 miliardi di euro nello Scenario 2 con aliquote marginali dell’1,7, 2,1% e 3,5%
    17,85 miliardi di euro nello Scenario 1 con aliquote marginali dell’1%, 2% e 3%
    23,05 miliardi di euro nello Scenario 1 con aliquote marginali dell’1,7, 2,1% e 3,5%.

    Gettito che, come si è avuto modo di sottolineare in precedenza, potrebbe aumentare se si rafforzasse il grado di progressività dell’imposta, introducendo un maggior numero di scaglioni e ricorrendo, in corrispondenza, ad aliquote marginali più elevate.

    E’ importante sottolineare come il livello delle entrate erariali dipenda dall’effettività dell’imposta ovvero dal fatto che i titolari di grandi patrimoni non possano sfuggire a tassazione. A tal fine bisogna evitare esenzioni (i.e. tassare il patrimonio netto complessivo al di sopra della soglia) ed è necessario includere nella base imponibile anche i capitali detenuti in società non quotate o trasferiti in trust. E’ altresì fondamentale rendere più efficiente l’amministrazione finanziaria, rafforzando la sua capacità di ricevere informazioni da parti terze, su tutte i gestori dei patrimoni finanziari, circa la consistenza della ricchezza tassata. E’ inoltre cruciale proseguire nel rafforzamento della cooperazione internazionale in materia fiscale per rendere più difficile l’occultamento offshore dei capitali. L’imposta infine dovrebbe essere globale e basata su un criterio di residenza per includere nella base imponibile gli asset posseduti ovunque dai soggetti passivi con residenza fiscale in Italia, prevendo forme robuste di exit taxation in caso di “espatrio fiscale

    Il 67% dei rispondenti all’indagine demoscopica Special Eurobarometer 529 condotta tra maggio e giugno 2022 su incarico della Commissione Europea sono favorevoli ad un maggior prelievo fiscale a carico dei contribuenti più ricchi per finanziare misure di supporto alle fasce più povere della popolazione. Nel 2021 due terzi dei rispondenti italiani a un sondaggio commissionato all’istituto demoscopico Glocalities dal network dei multi-milionari Millionaires for Humanity e da Tax Justice Italia si è espresso favorevolmente su una patrimoniale dell’1% a carico dei titolari di patrimoni netti superiori a 8 milioni di euro il cui gettito fosse destinato al finanziamento della ripresa post-pandemica e alle famiglie più bisognose. La proposta ha riscosso un favore trasversale tra gli elettori delle più grandi forze politiche nazionali, ricevendo il supporto del 65% degli elettori della Lega, del 77% di quelli del Pd e del Movimento 5 Stelle, del 59% degli elettori di Fratelli d’Italia e del 66% di quelli di Forza Italia. La Next Generation Tax, una patrimoniale progressiva proposta nel recente passato da Sinistra Italiana, con franchigia fissata a “soli” 500.000 euro e sostitutiva di tutte le imposte patrimoniali esistenti ha riscosso più favore (47%) che contrarietà (30%) tra i rispondenti al sondaggio nazionale condotto da SWG.

    Secondo un recente studio empirico, con riferimento al complesso delle imposte (dirette e indirette) e dei contributi sociali, il sistema fiscale italiano è solo moderatamente progressivo dal 25° al 95° percentile della distribuzione del reddito ed è regressivo per il 5% dei percettori di redditi più elevati. L’aliquota effettiva del prelievo decresce cioè al crescere del reddito in tale gruppo apicale. Più in dettaglio, il top-5% sconta un’aliquota media effettiva inferiore a quella che grava sugli individui collocati nei percentili sottostanti. Ciò non deve stupire, se si considera che il top-5% è costituto da individui il cui reddito deriva per il 45% dal possesso di titoli finanziari e quote di società. Si tratta di contribuenti che scontano un’imposizione fiscale flat più favorevole di cui godono in Italia i redditi da capitale e che non versano contributi obbligatori. Lo studio evidenzia come un’imposta patrimoniale a carico del 5% più ricco (dal punto di vista patrimoniale) della popolazione italiana sia in grado, oltre a potenziare il prelievo sulla ricchezza (sotto-tassata rispetto ad altri cespiti), di rimuovere la regressività all’apice della distribuzione, riconducendo il nostro sistema fiscale nel solco del dettato costituzionale che all’art. 53 presta particolare attenzione al “sacrificio” che l’imposizione arreca ai cittadini, considerandolo minore per i più facoltosi, in grado di sopportare un prelievo più che proporzionalmente maggiore rispetto ai meno abbienti.

    Le risposte alle domande cosa tassare, quanto tassarlo, quale equilibrio cercare tra pressione fiscale ed equità redistributiva del prelievo sono emblematiche di visioni politiche distinte su come suddividere tra i contribuenti l’onere di fornire allo Stato risorse indispensabili a finanziare le politiche di bilancio orientate a obiettivi di crescita, risanamento dei conti pubblici, ridistribuzione del reddito e riduzione dei divari territoriali e settoriali.

    Il sistema delle imposte (e dei trasferimenti) gioca un ruolo cruciale nella redistribuzione dei redditi e della ricchezza e nella riduzione delle disuguaglianze economiche. Tra i due conflitti mondiali che hanno scosso il Novecento molti paesi occidentali hanno introdotto imposte progressive sui redditi finalizzate a finanziare capitoli importanti della spesa sociale. Progressività impositiva e welfare state hanno contribuito a ridurre significativamente le disuguaglianze nei tre decenni che hanno seguito la fine della seconda guerra mondiale. Le disuguaglianze invece sono tornate a crescere dalla fine degli anni Settanta all’interno di molte economie avanzate, Italia inclusa, con l’avvento della dottrina mercato-centrica che considerava, inter alia, l’intervento pubblico in generale e le imposte e lo stato sociale in particolare con grande scetticismo. La progressività delle imposte e il potenziale redistributivo del sistema di imposte e trasferimenti si è da allora notevolmente ridotto in molti paesi. Contestualmente si è ridimensionato il prelievo in capo alle persone più ricche. Ci si è allontanati quindi da un costrutto più egalitario di sistemi fiscali che prevedono di prendere significativamente di più a chi ha di più per finanziare trasferimenti monetari verso chi è in condizione di maggior bisogno o l’erogazione gratuita di servizi pubblici come sanità, istruzione, mense scolastiche, alloggi popolari e altre infrastrutture sociali fondamentali per garantire un benessere equo e sostenibile per tutti.