Alcune riflessioni di Francesco, il nostro collaboratore in Libano
“Nei giorni scorsi ho approfittato di un viaggio di lavoro nel sud del Libano per spingermi con la macchina fino al confine con Israele. Un confine tristemente famoso, teatro nel corso dei decenni di profondi conflitti, e dove ancora oggi sono frequenti scontri e schermaglie tra gli eserciti dei due paesi. L’ultimo episodio risale all’agosto scorso, quando un pretesto futile come il taglio di un albero proprio sul confine scatenò un fuoco incrociato che causò 5 morti. Dalla mia casa in Italia, dov’ero per una breve vacanza, vidi con preoccupazione le immagini che mostravano quello che poteva essere il preludio all’ennesima azione di guerra.
Per fortuna questo non accadde, e tutto rientrò a quella situazione di calma apparente che persiste ancora oggi.
Durante i miei primi sei mesi di soggiorno in Libano non mi era ancora capitata l’occasione di percorrere una delle strade che costeggia questa frontiera così significativa per il destino e l’equilibrio di tutto il Medio Oriente. Ci sono andato in una soleggiata domenica di dicembre: la parte libanese la conosco abbastanza bene, Oxfam Italia vi lavora da 3 anni, sviluppando l’agricoltura e l’allevamento nella zona di Aytaroun e Bint Jbeil, cittadine vicine al confine. Il paesaggio è spesso brullo, soprattutto in questo autunno caldo e secco, le zone verdi sono poche, molti campi sono delle pietraie dove a malapena possono pascolare le capre. Il disordine urbanistico, presente in tutto il paese, qui è accentuato dalle continue distruzioni e ricostruzioni che impediscono una qualsiasi programmazione. Di fianco a piccole case di contadini sorgono ville enormi e lussuose, disabitate, costruite da emigrati libanesi che sognano un giorno di tornare in patria.
Ci si avvicina al confine lungo strade sterrate, e si comincia a intravedere la linea invalicabile che divide i due paesi, una striscia continua di reti e filo spinato, e ogni tanto, da una parte o dall’altra, qualche torre di guardia o qualche antenna. In posizioni strategiche, all’imboccatura delle strade, in cima alle colline, all’ingresso dei villaggi, si trovano i blindati bianchi della forza di interposizione UNIFIL. Fermandomi a chiedere informazioni, parlo con soldati ghanesi o nepalesi, e incrocio continuamente pattuglie di francesi o spagnoli. Sono loro, che sembrano catapultati da un altro mondo, a garantire una certa stabilità, o almeno a provarci.
Guardando dall’alto di qualche collina, la differenza tra il territorio libanese e israeliano salta all’occhio immediatamente. Da una parte terreni incolti, abbandonati e probabilmente minati, dall’altra coltivazioni lussureggianti, oliveti, boschi di cipressi, insediamenti moderni e ordinati. Mi viene in mente un ricordo di molti anni fa, quando feci un viaggio nella Berlino ancora divisa: Berlino Ovest era esageratamente lussuosa e votata al consumismo, al lusso, e io lo interpretai come una dimostrazione e una dichiarazione di superiorità. Allo stesso modo, dicono che da La Habana, durante i frequenti black out, si possano vedere le luci della sfavillante Miami.
Questo modo di ostentare ricchezza verso un vicino più debole è una forma di violenza subdola, che credo possa trasmettere un risentimento ed un rifiuto che aumenta quotidianamente, goccia a goccia, in chi la subisce.
Nel frattempo il mio collega libanese mi fa notare in cielo la striscia bianca di un aereo da guerra israeliano, che entra in territorio libanese, e poi, con un’ampia virata, ritorna indietro. “Ci stava seguendo”, mi dice con una risata sarcastica, ed anche questo è un segnale della distanza, enorme, tra i 2 paesi. “
Francesco Pulejo – Oxfam Italia – Beirut 9 dicembre 2010