Cosa c’entra l’occupazione israeliana con quello che è successo alle 6.30 del 7 ottobre 2023? Quel giorno si è riacutizzato il conflitto tra Israele e Palestina, in corso dal 1948. Di questo lungo periodo di tempo, qui ci concentriamo sulla parte che fa meno notizia rispetto ai bombardamenti: i 56 anni di occupazione sul territorio e i 16 anni di blocco economico imposti da Israele alla Striscia di Gaza.
Il blocco militare conferma l’occupazione israeliana
Secondo l’art 42 della Convenzione dell’Aja (1907), «Un territorio è considerato come occupato quando si trovi posto di fatto sotto l’autorità dell’esercito nemico». Dal 5 giugno al 10 giugno 1967 Israele dichiara guerra a Egitto, Siria e Giordania e, in soli sei giorni, conquista: la penisola del Sinai e la Striscia di Gaza, la Cisgiordania, Gerusalemme Est e le alture del Golan. Da allora la libertà di movimento dei palestinesi dal 1967 viene severamente limitata fino ad oggi. Dagli anni ‘90 il governo israeliano introduce ulteriori misure. In questa operazione contribuisce a isolare Gaza dal resto del mondo. Ufficialmente, nel 2005 Israele ritira i propri coloni e le forze militari da tutte le aree centrali di Gaza fino alle zone di confine. Ciononostante, l’occupazione continua e Israele controlla:
- la costa di Gaza
- lo spazio aereo
- il perimetro terrestre
- i valichi di frontiera (in parte in coordinamento con l’Egitto)
- l’approvvigionamento elettrico e i servizi di dati ad alta velocità.
Occupazione israeliana e blocco militare sono una punizione collettiva
Il blocco militare è una delle misure attuate nel corso del conflitto israelo palestinese che bisogna considerare con attenzione per capire come si è arrivati alla catastrofe umanitaria a Gaza. Il blocco non è l’unico responsabile delle tensioni tra Israele e Palestina: la costruzione del muro e l’avanzata degli insediamenti dei coloni in Cisgiordania contribuiscono ad acutizzare la tensione. Il governo israeliano, allora come oggi, dichiara che l’obiettivo del blocco è isolare Hamas per fermare il lancio di razzi palestinesi su Israele. In pratica, si legittima una punizione collettiva e quotidiana a tutta la popolazione della Striscia di Gaza per colpire alcuni esponenti di Hamas.
Il blocco militare viola i diritti dei civili palestinesi
Sebbene vi siano preoccupazioni legittime riguardo alla sicurezza di Israele, la narrazione sulla sicurezza non può essere utilizzata come giustificazione generale per violare i diritti dei civili, in primis il principio di autoderminazione e per soffocare la sovranità economica di un futuro stato palestinese. A questo proposito, il 9 luglio 2004, la Corte di Giustizia dell’Aja si è espressa contro la costruzione del muro nei territori occupati palestinesi.
Punti chiave del blocco israeliano sulla Striscia di Gaza
Solo beni di prima necessità
Dal 2007 al 2010, Israele ha negato l’importazione di beni di consumo comuni come marmellata, frutta, succhi di frutta, cioccolato, candele, libri, strumenti musicali, shampoo, sedie a rotelle, pastelli, cancelleria, carta formato A4, palloni da calcio e bestiame come polli, asini e mucche. Ha permesso l’ingresso a Gaza solo di prodotti umanitari di base “essenziali per la sopravvivenza della popolazione civile”.
Negata la libertà di movimento
Gli abitanti della Striscia di Gaza, già prima della escalation, potevano uscire e rientrare solo con permessi rilasciati dal governo israeliano. Le ragioni ammesse sono motivi sanitari, funerali, visita a parenti malati, appuntamento con l’ambasciata straniera, movimenti tra la Cisgiordania (West Bank) e la striscia di Gaza. Ma nonostante queste motivazioni, i permessi potevano essere negati e ritirati in qualunque momento. Oltre ai problemi quotidiani e alle frustrazioni causate da questo controllo, la limitazione agli spostamenti incide sullo sviluppo della Striscia di Gaza. Secondo il Palestine Trade Center (PalTrade), se fossero rilasciati permessi di attraversamento per 10.000-20.000 lavoratori, si sarebbero potuti generare tra 18 e 36 milioni di dollari all’economia di Gaza ogni mese.
Crescita economica ferma
Secondo la Banca Mondiale, il blocco economico e le restrizioni hanno chiuso l’economia, compresi settori primari come l’agricoltura. Dal 1994 al 2020, il tasso di crescita annuale di Gaza è stato solo dell’1%.
Il blocco israeliano su Gaza nel conflitto in corso
Il 9 ottobre 2023 il Ministro della Difesa israeliano ha ordinato il blocco completo a Gaza, impedendo anche il passaggio di forniture alimentari e carburante e persino di acqua. A tale ordine è seguito quello del Ministro dell’Energia per interrompere anche la fornitura di energia elettrica. Al momento in cui si scrive, fine Novembre 2023, solo il 2% del cibo che avrebbe dovuto essere consegnato è entrato nella Striscia di Gaza dall’inizio dell’assedio totale e Israele sta impedendo l’ingresso di qualsiasi aiuto nel nord di Gaza. Con il cibo e l’acqua sempre più scarsi per i 2,2 milioni di persone che vivono a Gaza, è dolorosamente chiaro che la fame viene usata come arma di guerra. Secondo il Diritto Internazionale Umanitario*, far soffrire la fame non è un metodo di guerra ammissibile. Quindi, in quanto potenza occupante a Gaza, Israele è tenuto a provvedere ai bisogni e alla protezione della popolazione di Gaza.
Le richieste di Oxfam prima e dopo il 7 ottobre 2023
Nonostante ci siano state alcune “concessioni” da parte di Israele in 16 anni di blocco, i danni alla vita delle persone e all’economia del paese restano irreversibili. Già prima del conflitto, 7 persone su 10 a Gaza dipendevano dagli aiuti umanitari per far fronte ai bisogni essenziali di ogni giorno. Per questo, Oxfam aveva lanciato la campagna #OpenUpGaza15 per chiedere:
- La fine del blocco militare di Israele
- L’apertura di tutti i confini e la libera circolazione di beni e persone
- L’apertura del dialogo tra le parti coinvolte
- Il sostegno allo sviluppo del commercio e alla produttività della Striscia di Gaza
Da ottobre 2023 si è aggiunto un nuovo capitolo di violenza con l’invasione militare della Striscia di Gaza da parte del governo israeliano. Per questo, le richieste del 2022 restano valide e si aggiungono alla richiesta di cessate il fuoco per fermare la catastrofe umanitaria di Gaza. Oxfam Italia chiede, infatti, alla Presidente Giorgia Meloni e ai leader europei di lavorare per una pace duratura che garantisca giustizia, dignità e futuro ai popoli palestinese e israeliano. in particolare chiediamo che:
- tutte le parti accettino l‘immediata cessazione delle ostilità per evitare una ulteriore escalation della violenza;
- avvenga il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone private della libertà, con particolare urgenza di bambini, donne incinte e madri con neonati e bambini piccoli, feriti e malati tenuti prigionieri dai gruppi armati a Gaza;
- venga garantita la protezione dei civili e l’assistenza umanitaria e l’accesso a cibo, acqua e cure mediche.
Se ti senti impotente, contribuisci per sostenere la popolazione di Gaza.
*Titolo IV, IV Convenzione di Ginevra II Protocollo Aggiuntivo; la IV Convenzione di Ginevra sulla Protezione dei civili in tempo di guerra, art 55, 56, 59,60 e art.8.2.bxxv Statuto della Corte Penale Internazionale.