A partire dalla Giornata Internazionale della Donna e per tutto il mese di marzo 2025 lanciamo la campagna #PersonalToPowerful, con l’intento di chiedere alla Commissione sullo Status delle Donne una maggiore attenzione sui diritti e sull’autonomia delle persone nelle decisioni sul proprio corpo, con attenzione specifica ai diritti delle donne e delle persone LGBTQIA+.
GLI OBIETTIVI DELLA CAMPAGNA
La campagna vuole sostenere il lavoro svolto dai movimenti femministi e queer nella tutela dei diritti e di giustizia in materia di salute sessuale e riproduttiva, riconoscendo alle donne, alle persone più emarginate una maggiore difficoltà di accesso all’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva. La campagna inoltre:
- Insiste sul fatto che tutte le persone dovrebbero avere il pieno controllo sul proprio corpo e sulle proprie scelte di vita affinché ciascuna persona possa raggiungere il proprio pieno potenziale. In questo contesto, identità, relazioni, salute e consapevolezza, sono considerati dei diritti universali.
- Evidenzia l’importanza di diffondere una cultura femminista che difenda i diritti e la libertà di scelta di donne e ragazze, contrastando movimenti e politiche che li mettono a rischio.
LA PROPAGANDA DELLE POLITICHE ANTI-GENDER E ANTI-ABORTO
Negli ultimi anni, infatti, stiamo assistendo sempre più all’emersione di politiche in Europa – ma anche nel resto del mondo – che si definiscono anti-gender nel contestare l’integrazione della prospettiva di genere nella sfera del potere e nella realizzazione delle politiche pubbliche. Dietro la politica anti-gender c’è l’intento di continuare a decidere sul corpo delle donne, vietando l’aborto, l’educazione sessuale nelle scuole, e il riconoscimento dei diritti delle persone LGBTQIA+. In alcuni stati membri dell’UE, sono state proposte o adottate leggi che ostacolano l’accesso all’aborto e ai servizi di salute riproduttiva, spesso giustificate dalla necessità di proteggere i valori tradizionali. Nel 2020, una sentenza della Corte costituzionale in Polonia ha ulteriormente ristretto l’accesso all’aborto, rendendolo legale solo in casi di pericolo per la vita o la salute della donna, o se la gravidanza è il risultato di stupro o incesto. Questa decisione ha scatenato proteste diffuse nel paese. In Italia, sebbene l’aborto sia legale, l’elevato numero di medici che esercitano l’obiezione di coscienza rende difficile l’accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza per donne e ragazze, soprattutto in assenza di risorse socio-economiche. In questo modo, la loro visione limitata dei diritti della donna – che si concentra maggiormente sulla questione della violenza – trascura tutte le questioni relative al lavoro delle donne, all’equilibrio tra lavoro e famiglia, e ai diritti sessuali e riproduttivi.
Ed è proprio sulla negazione dei diritti riproduttivi e sul limitare le decisioni delle donne, delle persone LGBTQIA+ che agiscono i movimenti pro-vita nel nostro paese, sostenuti da politiche regionali e locali, cercando di invadere gli spazi dedicati alla prevenzione e alla tutela della salute di tutte le persone, come le scuole e i consultori. Questi movimenti infatti, definiscono la contraccezione come un rischio per la salute delle donne e delle ragazze, senza un’evidenza medica e scientifica. Il rischio di fare dei passi indietro sul tema dei diritti e sulla salute delle persone, ottenute dopo anni di lotte, è quanto più reale. In Italia, i partiti di estrema destra a livello regionale stanno promuovendo politiche antiabortiste dirottando anche finanziamenti e bandi ad hoc in favore di quegli enti che si definiscono difensori della vita e dell’integrità familiare. Il finanziamento di associazioni antiabortiste (come accaduto nel 2024 in Piemonte) può influenzare negativamente l’assistenza alle vittime di violenza. In alcune regioni, queste associazioni ricevono fondi pubblici per promuovere la loro agenda ideologica, mentre i centri antiviolenza e le case rifugio, che forniscono supporto essenziale alle donne in situazioni di pericolo, rimangono sotto-finanziati.
IL NOSTRO LAVORO IN ITALIA
A discapito della recessione in termini di tutela dei diritti che stiamo attraversando, della diminuzione di fondi e di una cultura sempre più estremista, i centri anti-violenza, i centri anti-tratta, le associazioni LGBTQIA+ rimangono in prima linea nel proseguire il loro lavoro contrasto alla violenza, e si interrogano costantemente su come adattare il loro metodo di lavoro ad un mondo che cambia.
A seguito di un focus group che abbiamo realizzato insieme ai CAV e i centri anti-tratta in Toscana tra il mese di novembre e dicembre 2024, le associazioni dichiarano la necessità di attrezzarsi maggiormente per rispondere alla violenza in chiave intersezionale in favore di donne trans, donne anziane, donne con disabilità, donne rifugiate, portando i centri ad interrogarsi maggiormente su un adattamento del servizio in chiave intersezionale, focalizzandosi sulle necessità specifiche delle singole persone. E mentre i fondi per la presa in carico vengono messi a bando, sono rari quelli sul tema della prevenzione. I centri infatti, concordano sul fatto che sia quanto più necessario investire su un cambiamento culturale lavorando sugli stereotipi con le persone fin dalla giovane età.
In questo contesto, il nostro lavoro in Italia è quello di sostenere i movimenti femministi e LGBTQIA+, i centri anti-violenza e anti-tratta e tutte le associazioni che lavorano sul contrasto alla violenza di genere in chiave intersezionale, rafforzando le loro competenze tecniche, la loro sostenibilità finanziaria e la loro capacità di fare advocacy a livello locale. Nel fare questo, adottiamo un approccio femminista e partecipativo, favorendo momenti di focus group, con l’intento appunto di rilevare le problematiche e i bisogni sia delle persone che lavorano nei servizi in prima linea, che delle donne, delle ragazze e delle persone LGBTQIA+ che usufruiscono di questi stessi servizi. La raccolta di queste evidenze favorisce una pianificazione e un supporto alle associazioni e ai servizi quanto più adattato alle loro necessità.
Riconosciamo che la riduzione dello spazio civico rappresenta una minaccia significativa per le associazioni di donne, le reti antiviolenza, le associazioni LGBTQIA+, limitando la loro capacità di promuovere i diritti delle donne e di tutte le persone di partecipare attivamente ai processi decisionali. Sottolineiamo l’importanza di creare un ambiente favorevole che permetta ai movimenti e alle organizzazioni di operare efficacemente e di contribuire al cambiamento sociale e di non essere esclusi dall’agenda politica attraverso attacchi che ne minano l’operato e la credibilità.
Con l’approccio di “non sostituirsi mai alle donne, ma renderle protagoniste del proprio percorso di riconoscimento del loro potere”, i centri anti-violenza e anti-tratta ispirano la campagna #PersonalToPowerful.
A partire dalla Giornata Internazionale della Donna e per tutto il mese di marzo 2025 lanciamo la campagna #PersonalToPowerful, con l’intento di chiedere alla Commissione sullo Status delle Donne una maggiore attenzione sui diritti e sull’autonomia delle persone nelle decisioni sul proprio corpo, con attenzione specifica ai diritti delle donne e delle persone LGBTQIA+.