A Mdantsane, la seconda township del Sudafrica, si combattono disoccupazione e fame grazie all’agricoltura urbana. Thembakazi, responsabile dei progetti delle cooperative del comune di Buffalo City, nella Provincia dell’ Eastern Cape, ci spiega il metodo di coltivazione idroponico, che permette di crescere gli ortaggi senza utilizzare la terra.
«Il comune di Buffalo City si trova al centro della Provincia del Capo Orientale, che corre a sud est lungo la costa con l’Oceano Indiano. E’ un centro urbano estremamente importante, che vanta però un triste primato: il tasso di disoccupazione, pari al 39.1%, è il più alto di tutto il paese. All’interno del comune si trova Mdantsane, la seconda township del Sud Africa dopo Soweto. Immaginatevi dunque un mare di casette, una accanto all’altra, in cui abitano circa 170.000 persone. Le township sono un retaggio dell’apartheid; aree urbane destinate ai non-bianchi, circondate ormai oggi sempre di più da bidonville improvvisate, baracche in lamiera senza acqua o elettricità. Proprio a Mdantsane ha luogo la nostra sfida: combattere la disoccupazione e assicurare la sicurezza alimentare attraverso l’agricoltura urbana.
Lavoriamo con 50 persone, di cui il 90% donne, organizzate in tre cooperative. Ogni cooperativa gestisce la propria serra in cui coltiva pomodori, utilizzando una tecnica di coltivazione particolare, detta idroponica. Si tratta di una tecnica “fuori suolo” in cui le piantine, invece che nel terreno, vengono poste in una soluzione di acqua e principi nutritivi. I due meriti principali di questo tipo di coltivazione sono una produttività molto più alta e la possibilità di impiegarla laddove, per motivi di scarsa fertilità o disponibilità del suolo, non è possibile utilizzare metodi di agricoltura tradizionali, caratteristiche che la rendono quindi ideale per il contesto urbano.
Ogni serra ospita circa 6.300 piantine; a ogni raccolto, la resa è di circa 16 tonnellate. I pomodori vengono venduti alle grandi catene di supermercati. I membri della cooperativa sono tutti dediti alla produzione; confezionamento e commercializzazione sono appaltati a un’agenzia esterna, che prende il 50% dei ricavi su ogni raccolto. Ma grazie a Oxfam Italia saremo presto in grado di formare il nostro personale per presiedere a questi processi e quindi raddoppiare il guadagno e assicurare sostenibilità al progetto.
Anche così, stiamo avendo comunque grandi successi. Le cooperative che abbiamo scelto erano formate da disoccupati; in prevalenza donne, perché sono più organizzate e anche più affidabili; con loro siamo sicuri i guadagni andranno esclusivamente a beneficio delle famiglie. Nessuno aveva particolari competenze tecniche; alcuni avevano un piccolo orto, coltivato secondo tecniche tradizionali. Ora sono completamente autonomi per quanto riguarda la produzione; il loro reddito medio, pari a circa 1200 rend al mese (circa 120 euro) permette una vita dignitosa. Molti hanno ingrandito i loro orti domestici e dalla vendita dei prodotti ottengono un ulteriore reddito.
E’ una piccola iniziativa, ma sta dando buoni frutti. Il mio sogno è che possa replicarsi, garantendo agli abitanti di Mdantsane lavoro e indipendenza economica.»
a cura di Sibilla Filippi, Oxfam Italia, giugno 2010.
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