La violenza di genere
Molte delle donne richiedenti asilo e rifugiate hanno denunciato agli operatori legali di aver subito violenze gravi in Libia.
Questi professionisti raccolgono le memorie delle donne, dei minori e degli uomini che chiedono asilo al fine di supportarli nella loro richiesta di asilo. La memoria legale è concordata con la persona che chiede asilo ed è un servizio che il centro di accoglienza ospitante può offrire in presenza della volontà dell’assistito.
La presenza di donne, minori e uomini rifugiati che hanno vissuto una storia traumatica di tratta di esseri umani, tortura e detenzione, richiede al personale dei centri di accoglienza ed ai servizi preposti alla tutela delle vittime delle competenze specifiche per un percorso di identificazione dei casi e di riabilitazione efficace. Con il progetto Provide lavoriamo a questo.
Una delle operatrici legali intervistate per il progetto Provide riferisce che dai ricordi delle donne richiedenti asilo (provenienti principalmente da Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal, Somalia ed Eritrea) è emerso che “le ragazze durante il colloquio legale, svolto in collaborazione con una mediatrice culturale formata, si sentono libere di parlare delle violenze passate. Moltissime di loro raccontano di aver subito frustate, sigarette sulla pelle, precedenti violenze sessuali, violenze sistematiche e torture durante i viaggi in Libia e nel Paese di origine. I perpetratori di queste violenze possono essere i loro stessi partner, i clienti (nel caso di tratta di esseri umani), agenti di polizia, soldati. Quando identifichiamo le vittime ci riferiamo alla medicina legale, a visite mediche ad hoc e ad un servizio di presa in carico psicologica perché questi segni invisibili trovino parziale riconoscimento e supporto”.
Le nuove norme di fatto demoliscono l’attuale sistema di accoglienza diffusa, un modello virtuoso e capace di garantire l’integrazione di migranti e rifugiati sbarcati sulle coste italiane e la positiva interazione con le comunità ospitanti.