Cresciuto esponenzialmente dal 2017 il numero di migranti respinti. Restano gravissime le condizioni in cui sono costretti a sopravvivere gli oltre 9.300 migranti intrappolati nelle isole greche: a Lesbo oltre 6.300 migranti, in maggioranza donne e bambini, devono affrontare l’aumento dei casi di Covid, senza quasi nessun accesso ad assistenza sanitaria e servizi igienici adeguati.
Dal 2017 i respingimenti illegali al confine greco si sono moltiplicati passando da centinaia a migliaia di casi, nonostante l’indignazione espressa a livello internazionale. E chi decide di parlare viene criminalizzato.
È la denuncia lanciata oggi nell’ultimo rapporto da Lesbo pubblicato oggi da Oxfam e Greek Council for Refugees (GCR) alla vigilia della Giornata Mondiale del Rifugiato, che fotografa attraverso testimonianze dirette quanto la pratica del respingimento illegale sia comune e diffusa.
La situazione dei migranti intrappolati a Lesbo (oltre 6.300), soprattutto nel campo di Mavrouni ribattezzato Moria 2.0, restano disperate: migliaia di minori non vanno a scuola, spesso arrivano da soli e in molti casi vengono trattati come adulti perché passano mesi prima che venga accertata la loro età; oltre 5.500 persone a Moria 2.0 devono fare i conti con la crescita dei contagi da Covid19 che si sono moltiplicati nel mese di maggio, in assenza di assistenza sanitaria e servizi igienici.
“Chi non viene respinto si ritrova a vivere in condizioni disumane, soprattutto donne e bambini – ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Più della metà dei migranti che si trovavano a Lesbo a inizio giugno erano donne (il 22%) e minori (il 32%), il che significa oltre 1.800 bambini e ragazzi, che per i 2/3 hanno meno di 12 anni e nel 7% dei casi sono arrivati in Grecia da soli”.
In fuga da persecuzioni e torture, trattenuta senza cibo né acqua e respinta. La storia di K.
“Sono scappata dal mio paese per non finire in carcere dopo una condanna ingiusta. Ci avrei passato la mia giovinezza tra maltrattamenti e torture” racconta K., una giovane rifugiata politica, fuggita dal suo paese per evitare persecuzioni e torture.
Dopo essere stata arrestata dalle forze dell’ordine in Grecia – nonostante avesse presentato richiesta di asilo – K. è stata trattenuta per quasi un giorno insieme ad altre persone in un vecchio edificio, al freddo senza né acqua né cibo. “Ho capito che ci avrebbero rispedito indietro. Lo fanno sistematicamente, è una prassi consolidata”. La storia si conclude infatti con un respingimento: messa su una barca dalle autorità greche, insieme ad altre 150 persone provenienti da Siria e Afghanistan con la sola prospettiva di finire in mano turca o morire.
“Le leggi internazionali, europee e greche stabiliscono il diritto alla richiesta di asilo e impediscono respingimenti senza un esame del caso personale. – continua Pezzati – Siamo di fronte ad una palese e sistematica violazione delle normative e soprattutto dei diritti fondamentali delle persone che raggiungono l’Europa, in cerca di salvezza”.
La testimonianza di K. dimostra uno schema che si ripete in decine di casi, confermato anche dall’Obudsman (difensore civico nazionale), secondo cui “ripetuti e costanti respingimenti si registrano sia sulla terraferma a Evros, che sulle isole dell’Egeo”.
Sui respingimenti non si aprono indagini, nemmeno sui casi più eclatanti, quelli in cui i migranti riescono a presentare alle autorità greche la richiesta di asilo e vengono comunque respinte verso la Turchia, senza che sia presa in esame. Il tutto pur trovandosi di fronte a persone che fuggono da Paesi dove conflitti e persecuzioni sono all’ordine del giorno: a inizio giugno la stragrande maggioranza dei migranti intrappolati nel campo di Moria 2.0 proveniva dall’Afghanistan (il 65%), dalla Repubblica Democratica del Congo (l’11%), dalla Somalia (l’8%), dalla Siria (l’8%) e dall’Iran.
L’Ue assicuri indagini sui respingimenti illegali
“Incurante delle pressioni e richieste che si moltiplicano a livello nazionale e internazionale, la Grecia continua a respingere i richiedenti asilo o ad accoglierli in condizioni disumane, mentre l’Ue sta a guardare. – continua Pezzati – L’Ue deve invece assicurare che tutti i suoi membri abbiano al loro interno organismi e procedure per indagare sui casi di respingimento illegale, in modo indipendente e con pieno mandato per esaminare le prove. Sapevamo già di questa vergognosa pratica illegale, ma è giunto il momento di chiedere l’istituzione di un’autorità investigativa indipendente, capace di monitorare e intervenire su quanto accade”.