OXFAM: “L’UE NON FA ABBASTANZA CONTRO GLI ABUSI FISCALI CHE GENERANO DISUGUAGLIANZA E NUOVI POVERI”
In un nuovo dossier Oxfam denuncia come resti ancora molto da fare contro gli abusi fiscali delle multinazionali. A farne le spese le casse degli Stati, alleggerite di 240 miliardi di dollari l’anno, e i cittadini con drastici tagli dei servizi pubblici.
Oggi a Bruxelles e in molte capitali europee in programma flash-mob per riaccendere i riflettori sulla giustizia fiscale.
A un anno dallo scandalo LuxLeaks, che ha gettato luce sui trattamenti fiscali concessi tra il 2002 e il 2010 dalle autorità fiscali lussemburghesi a più di 300 multinazionali del calibro di Pepsi, Ikea, Deutsche Bank e Apple, Oxfam denuncia in un nuovo dossier quanto resti da fare per combattere l’elusione fiscale e la pianificazione fiscale aggressiva delle multinazionali che colpisce le casse degli Stati e i servizi offerti ai cittadini, generando nuovi poveri e un aumento della disuguaglianza economica e sociale. Il 5 novembre 2014, l’inchiesta condotta da un pool internazionale di giornalisti investigativi (ICIJ – The International Consortium of Investigative Journalists) e pubblicata dai maggiori quotidiani del mondo, aveva infatti svelato gli accordi fiscali ottenuti con l’assistenza di un colosso mondiale dei servizi professionali come PricewaterhouseCoopers (PwC) e siglati in totale segretezza. Concessioni fiscali che avallavano il trasferimento di utili, realizzati altrove dalle compagnie, in una giurisdizione a tassazione agevolata come il Lussemburgo, permettendo alle multinazionali di ‘ottimizzare’ – alias alleggerire – il proprio carico fiscale su scala globale.
L’elusione fiscale genera povertà
Sotto una veste di pressoché totale legalità, l’elusione fiscale perpetrata dalle grandi multinazionali, rappresenta secondo stime conservative dell’OCSE, un fenomeno che sottrae alle casse pubbliche a livello globale almeno 240 miliardi di dollari l’anno, ovvero un ammontare pari al 60% del PIL complessivo dei Paesi a basso reddito nel 2014. Secondo dati UNCTAD (la Conferenza delle Nazioni unite sul commercio e lo sviluppo), nei Paesi in via di sviluppo gli utili trasferiti altrove dalle multinazionali, per sfuggire all’imposizione fiscale, sono quasi la metà dei redditi imponibili complessivi.
“A pagare le conseguenze di questo abuso fiscale sono le fasce più povere della popolazione. Le entrate fiscali mancanti hanno inevitabilmente un impatto sulla spesa sociale di uno Stato: ridotti investimenti in istruzione, sanità, sostegno al lavoro. Si genera così un’ingiustizia fiscale che rischia di depotenziare un’azione incisiva di contrasto alla povertà e alla dilagante disuguaglianza tra i Paesi e in ogni singolo Paese, Italia inclusa”, dichiara Elisa Bacciotti, Direttrice del Dipartimento Campagne e Programmi in Italia.
Maggiore trasparenza: il ruolo insufficiente dell’Europa.
LuxLeaks ha avuto il merito di svelare al mondo la dimensione dell’elusione fiscale delle multinazionali, vale a dire gli schemi di abuso fiscale perpetrato su scala globale dalle grandi corporation e il ruolo giocato in questa vicenda dagli Stati nazionali, protagonisti e vittime di una concorrenza fiscale senza precedenti.
Eppure, a distanza di un anno, dopo tante dichiarazioni politiche altisonanti e promesse di un incisivo intervento istituzionale, le contromisure messe in campo appaiono ampiamente insufficienti. Solo a inizio ottobre è stato raggiunto un accordo politico per introdurre, a partire dal 2017, un regime di scambio automatico di informazioni relative agli accordi fiscali concessi dagli Stati membri dell’UE. La portata di questa misura di cooperazione in materia fiscale desta tuttavia più di una perplessità: l’ambito di applicazione è limitato solo ad alcuni tipi di accordi siglati, la tempistica di condivisione delle informazioni è molto diluita nel tempo e manca un reale controllo super partes da parte della Commissione europea. Le decisioni recentemente adottate dalla Commissione, che ha riconosciuto come aiuti di stato illegali i trattamenti fiscali concessi nel 2012 dal Lussemburgo a Fiat e nel 2008 dai Paesi Bassi a Starbucks, rappresentano un segnale positivo da parte delle istituzioni per promuovere una maggiore giustizia fiscale, ma la reazione avuta dai due Stati membri, pronti a contestare la decisione presso la Corte di Giustizia Europea, prefigura un messaggio di segno opposto, evidenziando quanto la strada per una maggiore trasparenza e responsabilità fiscale in Europa sia ancora in salita.
“Alle istituzioni europee e nazionali chiediamo di smettere di essere complici di pratiche di pianificazione fiscale aggressiva perpetrate dalle multinazionali a danno dei cittadini. – aggiunge Elisa Bacciotti – Le autorità fiscali devono rendere pubblici gli accordi che siglano con le grandi corporation, evitando di tenere i contribuenti o altri attori economici, come le piccole e medie imprese, all’oscuro del trattamento fiscale riservato ad altri contribuenti che appaiono altrimenti privilegiati. Non è possibile che per gettare luce su una zona di opacità e segretezza fiscale si debba fare affidamento a leak di documenti riservati. Uno strano modo di concepire la trasparenza, escludendo i cittadini dalla possibilità di vederci chiaro”, conclude Bacciotti.
Prioritaria la rendicontazione paese per paese delle multinazionali
Oxfam chiede perciò di adottare un quadro generale che promuova maggiore trasparenza nella rendicontazione delle grandi multinazionali operanti in Europa, per accertare se pagano le tasse laddove ha realmente luogo la loro attività economica. La rendicontazione paese per paese (country-by-country reporting), obbligatoria e pubblica, per le multinazionali UE di tutti i settori è una delle proposte che la società civile e il Parlamento Europeo sostengono convintamente. E’ indispensabile, inoltre, potenziare la cooperazione a livello UE attraverso la definizione di una ‘lista nera’ comune dei paradisi fiscali, basata su criteri oggettivi e accompagnata da sanzioni contro quelle giurisdizioni e corporation che non rispettano gli standard europei di corretta governance fiscale. La misura più incisiva di contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva delle corporation passa invece per l’introduzione di un modello di tassazione unitaria per le multinazionali. Infatti, un’obbligatoria base fiscale comune e consolidata a livello europeo (CCCTB), di cui una proposta di direttiva UE è attesa per inizio 2016, servirà a garantire che le società di un gruppo multinazionale non vengano più considerate ai fini fiscali come ‘entità separate’ e che gli utili generati da un gruppo in UE vengano ripartiti tra i diversi Paesi in base al reale valore economico prodotto in ciascuno di essi.
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