In occasione della giornata mondiale del rifugiato, il progetto di Oxfam in Libano dove siriani e libanesi lavorano insieme, vincendo pregiudizi e difficoltà.
Sono trascorsi tre anni dall’inizio del conflitto siriano, ed è difficile pensare positivo. I quotidiani che ancora scrivono della crisi si limitano a fornire dati aggiornati: quanti sono i morti, quanti hanno lasciato il paese, quali siano i problemi che quotidianamente rifugiati e popolazioni ospitanti debbano affrontare, che spesso si traducono – come in Libano – in vere e proprie lotte per le risorse.
Ma adesso, in questa giornata caldissima sulle montagne di Bcharre, seguendo la jeep che ci precede, questa tensione non si sente. In macchina ci sono due operai, Mohammad, siriano, che è venuto qui un anno fa con la sua famiglia, e Habib, un giovane libanese, nato e cresciuto a Bcharre. Oxfam Italia ha portato avanti un progetto pilota di cash for work, che fa lavorare insieme rifugiati siriani e libanesi per piantare 20.000 cedri. Abbiamo incontrato tutti gli operai oggi, c’era un’atmosfera gioiosa, ognuno era felice di ricevere la paga dopo il primo mese di lavoro al progetto.
Qui a Bcharre, l’icona delle forze libanesi, la stessa terra dove gli abitanti sono morti non molto tempo fa per mano dell’esercito siriano, la gente sta lavorando insieme: come è possibile? La comunità di rifugiati è relativamente piccola, e le buone relazioni con le autorità locali hanno aiutato, ma è qualcosa in più che lo ha reso possibile: semplicemente, la gente.
E’ stata la società civile a rendere possibile questa convivenza: la leadership illuminata di questa comunità, che ha stabilito standard di accettazione verso chi ha più bisogno, e che ha guidato i comportamenti di tutti: “Se vuoi un lavoro, ti registri negli uffici della municipalità qui, e ti chiamano se c’è un posto… Ci aiutano a trovare un lavoro” (Talil, operaio siriano), la comunità ospitante libanese che ha empatia verso i rifugiati “Durante i primi dieci giorni del progetto, c’erano due operai siriani che non potevano permettersi di comprare cibo per i loro bambini, e sono stati aiutati dai colleghi libanesi, almeno per comprare il pane” (Habib, operaio libanese) e, infine, i rifugiati siriani stessi, che fanno del loro meglio per ripagare: “Al lavoro, noi siriani ci siamo sfidati a vicenda, per lavorare bene e fare una buona impressione sui libanesi” (Mahnood, operaio siriano).
Le cose sono difficili, e non certo ideali per nessuno in Libano, ma mentre in molti posti le tensioni tra le comunità stanno aumentando, in altri il fatto di vivere e lavorare insieme ha forzato la gente a conoscersi come persone, non come partiti politici o fazioni religiose. La società civile e l’umanità che si esprime attraverso le persone sono l’elemento chiave che rende possibile questo miracolo.
Come Antoni (operaio libanese) ha detto: ‘Tutto ha lati positive e negative e in ciascuno c’è il male e il bene. Prima della Guerra non sopportavo i siriani… il loro esercito ha distrutto il nostro paese e io avevo l’impressione che fossero come il loro esercito. Ma adesso, dopo quello che è accaduto in Siria, uno simpatizza con loro, e faccio il possibile per aiutarli”. Così Mahmood (operaio siriano) ‘Questo progetto mi ha aiutato a costruire buoni rapport cin I libaniesi e I siriani di Bcharre. Prima camminavo per strada evitando la gente, ma adesso, dopo che mi sono fatto degli amici, tutti mi salutano e mi invitano a prendere una tazza di the. Siamo anche andati in visita a una famiglia libanese, e loro ci hanno fatto visita, per la prima volta da quando siamo qui. Un ragazzo libanese che lavora con me al progetto dei cedri mi ha spiegato come usare whatsapp così posso stare in contatto con la mia famiglia, rimasta in Siria”.
Oxfam Italia sostiene le famiglie di rifugiati siriani attraverso progetti di cash for work, denaro in cambio di lavoro, per cui le persone vengono pagate per svolgere lavori socialmente utili. Il progetto nella zona di Bcharre impiega 28 operai, 20 siriani e 8 libanesi, che per due mesi pianteranno 20.000 cedri nelle montagne di Bcharre.