Metà delle strutture sanitarie distrutte, in un Paese dove 20,5 milioni di persone non hanno accesso all’acqua pulita
Con lo scoppio della pandemia da coronavirus e l’inasprirsi degli scontri tra le parti in conflitto – soprattutto nell’area di Marib a circa 200 km dalla capitale Sana’a – la popolazione in Yemen lotta ogni giorno per sopravvivere a quella che le Nazioni Unite, già prima del Covid, definivano la più grave crisi umanitaria del mondo. In Yemen si continua a combattere e morire non solo per le bombe, ma anche per fame, mancanza di medicine, la diffusione incontrollata del Covid in tutto il paese, la più grave epidemia di colera della storia con oltre 2,3 milioni di casi registrati dal 2017 e centinaia di migliaia di nuovi casi nel 2020.
L’impatto dell’emergenza Covid-19, è andato quindi a sommarsi ad una situazione già disastrosa. Ad oggi si contano oltre 2.200 casi di Covid-19, ma con ogni probabilità, si tratta solo di una piccola parte della fotografia sulla reale diffusione del virus, date le limitate forniture mediche e la mancanza di test e tamponi e adesso di vaccini. Nell’area densamente popolata di Aden, negli ultimi mesi del 2020, si è registrato un aumento esponenziale dei tassi di mortalità, con ogni probabilità dovuto proprio al coronavirus.
Una tempesta perfetta che coinvolge, secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite, 20,7 milioni di yemeniti, il 66% della popolazione, che dipendono totalmente dagli aiuti umanitari per poter sopravvivere, con l’80% della popolazione che attualmente vive sotto la soglia di povertà. Tra loro 20,5 milioni di yemeniti non hanno accesso a fonti d’acqua pulita, rendendo praticamente impossibile la prevenzione del contagio, sia dal colera che dal Covid-19, soprattutto nei campi profughi dove hanno trovato rifugio 4 milioni di sfollati con poco cibo e scarsa igiene, inermi di fronte al contagio e a cui potrebbero aggiungersene a breve altri centinaia in fuga proprio da Marib.
Allo stesso tempo, con metà delle strutture sanitarie distrutte da 6 anni di bombardamenti, 18 milioni di persone che non hanno accesso a cure di base. Oltre 16 milioni sono senza cibo, in un Paese costretto ad importare il 90% dei beni essenziali, entrati a singhiozzo dal 2015 a causa dei blocchi imposti dalla Coalizione saudita in conflitto con gli Houthi. Secondo le stime in alcune zone delle Yemen un bambino su 5 è gravemente malnutrito e senza aiuto, e pur sopravvivendo porterebbe i segni di tali privazioni per il resto della vita.
Una situazione di “economia di guerra”, che sta colpendo indistintamente un intero popolo. Milioni di famiglie, circa 2 su 5, intrappolate in una spirale di debiti, costrette mese dopo mese, a comprare cibo e medicine a credito dai pochi negozianti ancora aperti. Dall’inizio della guerra nel 2015, il numero di famiglie costrette ad indebitarsi per comprare beni essenziali è aumentato del 62%.
La risposta di Oxfam
Dal luglio 2015 Oxfam ha soccorso oltre 3 milioni di yemeniti in nove governatorati del Paese. Dalla conferma dei primi casi di coronavirus ha rafforzato il proprio intervento per rispondere alla pandemia, distribuendo kit igienico-sanitari e acqua pulita nei campi profughi, realizzando campagne di sensibilizzazione sulle norme di prevenzione del contagio tra la popolazione. Collaborando con le autorità sanitarie per prevenire e limitare la seconda ondata di contagi.
Per rispondere all’emergenza alimentare, sta soccorrendo circa 280 mila yemeniti con voucher per l’acquisto di cibo, e offerte di lavoro per la riabilitazione di infrastrutture idriche e stradali, rimaste distrutte nel conflitto.
Grazie alla campagna Dona acqua, salva la vita, oltre a garantire accesso all’acqua pulita per la popolazione, Oxfam potrà realizzare progetti in sostegno dei diritti delle donne più vulnerabili. Con 4 organizzazioni locali, lavorerà per migliorane servizi utili e prevenire episodi di abusi e violenze, aumentati del 63% negli ultimi due anni.